Ingmar Bergman come “magnifica ossessione”: la Donazione Sablich

I

di Azzurra Camoglio

Ho riflettuto a lungo su quale fosse il modo più appropriato per presentare la Donazione Sablich, acquisita dal Museo Nazionale del Cinema di Torino nell’ottobre 2007, sulla quale è incentrato il mio progetto di dottorato in Scandinavistica e Spettacolo presso l’Università degli Studi di Torino.
Dopo molti interrogativi, ho capito che non avrei potuto trovare frasi più illuminanti di quelle contenute nell’articolo Sergio Sablich, un uomo senza banalità di Angelo Foletto, apparso su «Sistema Musica» nel maggio 2005:

“” La prima volta che l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai sbarcò a Tokyo, con loro viaggiava Sergio Sablich che ne era non solo direttore artistico, visto che aveva saputo esserne una sorta di autentico padre: creatore e animatore. Eppure alla prima prova lui non c’era. Aveva “dovuto” correre in una libreria-galleria cittadina perché leggendo un quotidiano internazionale, appena arrivato in albergo, aveva scoperto che lì veniva presentato un nuovo libro su Ingmar Bergman, uno dei punti fermi della sua vita scandita da predilezioni devastanti. Non poteva mancare. Quando ricomparve con la sua tipica espressione compiaciuta – una via di mezzo tra l’espressione gongolante del bambino che ha appena combinato una marachella (divertente e facile a perdonare) e l’uomo gioiosamente soddisfatto nell’animo – nessuno ebbe cuore di rimproverarlo. Sergio era (anche) così. […] Sablich poteva trascinarti sulla tomba di Karajan (o di re Ludwig) o proporti una scarpinata verso un rifugio dell’Alto Adige (nelle tre-quattro ore libere tra prova generale e concerto), lasciarti in ostaggio a casa una valigia di libri e/o cataloghi non trasportabili visto che l’immediata meta era Stoccolma, lo stadio, la Scala, l’anteprima di una mostra o un irrinunciabile avvenimento chissà dove. Difficile non invidiare, cioè ammirare, le passioni di Sergio Sablich: prima ancora di condividerle. Non solo per il soggetto ma per la follia in sé: passioni di alto profilo, diverse ma miracolosamente compatibili, a volte ossessive ma prive di morbosità e feticismi, gelosamente alimentate ma spartite tra gli amici. No, non è stata banale la vita di Sablich (Bolzano, 7 luglio 1951 – Firenze, 7 marzo 2005), proprio come non erano ordinari gli affetti, le amicizie, i gusti e le aspirazioni. Non era banale l’uomo “”

A escludere in maniera categorica la possibilità di tacciare Sergio Sablich di «banalità», concorrono dunque una straordinaria umanità, forti passioni che spaziano all’interno del campo delle arti e una carriera intensa quanto poliedrica come stimato musicologo, musicista, saggista, critico e organizzatore teatrale: docente di Storia della musica ed Estetica musicale presso diversi Conservatori, dirige a lungo il Centro Studi Musicali “Ferruccio Busoni” di Empoli e in seguito lavora come assistente alla direzione artistica e responsabile di una parte delle manifestazioni del Teatro Comunale di Firenze e del Maggio Musicale Fiorentino. Dal 1991 al 1998, sette anni ricchi di soddisfazioni e successi professionali, è direttore artistico dell’Orchestra Sinfonica della RAI di Torino, insegnando inoltre per un biennio presso lo IULM di Milano. Dopo una parentesi sfortunata alla Fondazione Teatro dell’Opera di Roma, dà vita insieme a Giuseppe Sinopoli al festival internazionale di musica sacra “Anima Mundi” di Pisa, città dove assolve per due anni l’incarico di docente universitario di Storia della musica del Novecento. La nomina a consulente artistico del Teatro alla Scala di Milano si rivela fonte di estrema amarezza per lo studioso, che intanto porta avanti con molto impegno l’attività di consulente per la musica della Regione Toscana e di direttore artistico dell’Orchestra della Toscana. È inoltre autore di saggi, articoli, studi e monografie e scrive per le principali riviste musicali italiane.

A occupare un posto di prestigio tra le “magnifiche ossessioni” di questo intellettuale colto, curioso e raffinato, scomparso prematuramente nel marzo 2005 dopo esser stato colpito da un ictus cerebrale, è stato il cinema, «tutto il cinema impegnato e meditativo» e in particolare il cinema svedese, con una predilezione pressoché assoluta per Ingmar Bergman, come del resto lascia facilmente intuire l’aneddoto citato da Angelo Foletto. Con metodicità, costanza e dedizione sorprendenti – ma forse sorprendenti solo per quanti, come me, non l’hanno conosciuto di persona – Sergio Sablich ha raccolto nell’arco di oltre un trentennio una collezione “bergmaniana” di dimensioni imponenti, comprendente volumi monografici, romanzi, opere enciclopediche, periodici, audiolibri, VHS, DVD, Cd-Rom, manifesti, locandine, fotosoggetti e altri materiali pubblicitari, brochures, quaderni di sala, articoli di giornale e tratti da convegni, fotografie. A partire dagli anni Ottanta, in seguito all’annunciato “ritiro” di Bergman dalla professione di regista cinematografico, era diventata prassi per lui consolidata recarsi periodicamente in Svezia per assistere a diverse rappresentazioni di ogni opera teatrale allestita dal Maestro di Uppsala presso il Teatro Dramaten di Stoccolma; in tali occasioni veniva acquisita una grande mole di materiali irreperibili nel nostro Paese oppure reperibili con estrema difficoltà. Desideroso di creare un “museo” dedicato al suo idolo che accogliesse i reperti amorevolmente raccolti in Italia e all’estero, negli ultimi anni della sua vita si stava inoltre dedicando alla stesura di un saggio dal titolo Ingmar Bergman, Il fabbricante d’immagini, rimasto incompiuto.

Per rispettare la volontà di Sergio Sablich e onorarne la memoria, i suoi familiari hanno deciso nell’ottobre 2007 di donare al Museo Nazionale del Cinema di Torino questo ricchissimo patrimonio, in modo che potesse essere preservato, studiato e valorizzato nel modo migliore. Nel portare avanti l’opera di tutela e conservazione di uno dei fondi bergmaniani più completi e articolati a livello internazionale, il Museo ha trovato nel DAMS della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Torino, forte della tradizione e rilevanza del proprio Centro Studi per lo Spettacolo Nordico (CSSN), nato nel 1999, un interlocutore attento e prezioso, come affermato dal Museo stesso in una lettera aperta scritta in occasione del terzo anniversario della morte di Sergio Sablich: «L’entusiasmo di studiosi come Giulia Carluccio e Franco Perrelli, docenti del Dams di Torino, si è felicemente concretizzato nel destinare un progetto di dottorato di ricerca della durata di tre anni allo studio e alla valorizzazione del fondo».
Le 25 casse che compongono la Donazione Sablich, depositate presso la Biblioteca e la Cineteca del Museo del Cinema, sono state quindi sottoposte a un primo esame volto a verificare la natura complessiva del fondo in modo da rendere possibile l’elaborazione di un piano di lavoro che tenesse conto della natura dei materiali e stabilisse quali procedure adottare per poterli schedare in modo molto approfondito, al fine di facilitarne in futuro la consultazione da parte di ricercatori, studiosi, semplici appassionati.
È attualmente in corso la schedatura dettagliata dei volumi monografici, dei romanzi e delle opere enciclopediche, contenuti in 15 casse per un totale di oltre 850 volumi. Oltre ai romanzi scritti dallo stesso Bergman, alle sue opere autobiografiche e a sceneggiature e pressbooks dei suoi film, sono presenti alcune opere enciclopediche – tra cui i 9 volumi della prestigiosa Svensk filmografi – di argomento cinematografico; storie del cinema; testi di critica ed estetica; monografie sul cinema svedese; saggi sulla carriera cinematografica e teatrale di Bergman oppure su aspetti biografici, sociologici o religiosi correlati alla sua attività artistica; romanzi e opere autobiografiche di attori e tecnici che hanno lavorato con lui (cito a titolo di esempio Sven Nykvist, Liv Ullmann, Erland Josephson, Bibi Andersson, Naima Wifstrand, Jarl Kulle, Stig Olin). Alcuni volumi sono incentrati sulla cultura e sulla letteratura scandinave, con un occhio di riguardo per il teatro nordico e in particolare per August Strindberg ed Henrik Ibsen.
Allo stato attuale dello spoglio, è possibile segnalare che tutti i volumi esaminati finora sono stati pubblicati tra il 1927 e il 2004 in 19 lingue diverse: ceco, danese, finlandese, francese, giapponese, inglese, italiano, lettone, nederlandese, norvegese, polacco, portoghese, russo, serbo, slovacco, spagnolo castigliano, svedese, tedesco, ungherese. Il lotto quantitativamente più consistente è rappresentato dai testi in svedese, seguito – in ordine di numero – da inglese, francese, tedesco, italiano e spagnolo castigliano. Dei titoli maggiormente conosciuti e tradotti sono presenti più edizioni, sia in una stessa lingua sia in lingue diverse, rendendo possibile sia confrontare le traduzioni di ogni opera sia avere un’idea della fortuna editoriale incontrata da Bergman a seconda dei Paesi e a seconda dei decenni.
Le riviste, i periodici e gli inserti dei giornali di argomento cinematografico sono circa 1.000, contenuti in 9 casse. In attesa di un esame approfondito, è per ora possibile segnalare la presenza di testate in svedese, francese e italiano, pubblicate tra il 1947 e il 2002.
Le VHS sono circa 290, contenute in 4 casse, e presentano una porzione significativa dei titoli della produzione bergmaniana, più alcuni documentari e capolavori della storia del cinema non firmati da Bergman. La maggior parte delle VHS sono in edizione francese, con film in lingua originale e sottotitoli in francese, più alcuni doppiati in francese. Altri titoli sono disponibili in italiano, svedese e inglese. A testimoniare l’interesse davvero straordinario di Sergio Sablich per il cinema svedese e l’opera di Bergman, ci sono inoltre numerose VHS su cui, anno dopo anno, sono stati diligentemente registrati specials televisivi, trailer e presentazioni di nuovi film o programmi di approfondimento, documentari e interviste. La maggior parte dei materiali è in italiano o in tedesco.
Ci sono poi circa 100 DVD, contenuti in 2 casse, prevalentemente in svedese, inglese e francese. Pochi i titoli in italiano, più alcuni in portoghese. Sia tra i DVD che tra le VHS sono presenti cofanetti in edizione limitata e confezioni speciali, tra cui ottime edizioni in inglese pubblicate dalla Criterion Collection. A un primo esame, si ha l’impressione che Sablich abbia raccolto un campione rappresentativo di tutti i titoli bergmaniani disponibili sul mercato internazionale dell’home video fra l’inizio degli anni Ottanta e il 2004, e un dato di sicuro interesse è la presenza per molti film di diverse edizioni, magari ristampate a pochi mesi o anni di distanza in formati diversi. Completano la “dotazione” multimediale della Donazione alcuni esemplari appartenenti a diversi supporti: laser-disc di produzione giapponese, vinili di produzione tedesca che raccolgono le colonne sonore di film bergmaniani, utilissimi Cd-Rom dedicati alla produzione cinematografica svedese, audiolibri in svedese.
Manifesti e locandine sono circa 500 e illustrano la produzione italiana e internazionale degli ultimi cinquant’anni, documentando in maniera privilegiata la cinematografia svedese; insieme a fotografie, fotosoggetti e altri materiali pubblicitari costituiscono un eccezionale patrimonio iconografico, rappresentativo e promozionale che al momento è ancora da esplorare in modo sistematico nella sua globalità.
Documenti, brochures, quaderni di sala, articoli di giornale e tratti da convegni occupano complessivamente 4 casse e trattano in egual misura la carriera cinematografia di Bergman e quella teatrale.

Lungi dal poter fornire sulla Donazione dati esaustivi quanto vorrei, poiché il lavoro di schedatura e riordino dei materiali è per il momento allo stadio iniziale, ritengo in ogni caso di poter affermare che si tratta di un fondo che, pur essendo composto da elementi e supporti caratterizzati da natura e provenienza quanto mai eterogenee, è contraddistinto da coerenza e coesione tematica profonde e saprà sicuramente fornire agli studiosi nuovi spunti di riflessione e utilissimi strumenti per indagare sulla “magnifica ossessione” di Sergio Sablich: Ingmar Bergman.

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