Pamina vive?

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Fino a che punto Mozart era cosciente della densità e della trasparenza, della profondità e dell’immediatezza delle sue rivelazioni in teatro? E soprattutto, questi momenti di verità improvvisa, di assoluta chiarezza, erano calcolati o effetto di un’intuizione?

Nel Flauto magico, un esempio di sconvolgente semplicità è il momento in cui Tamino e Pamina, vedendosi per la prima volta, si riconoscono immediatamente. “È lui!”, “È lei!”, si dicono a vicenda. E aggiungono: “Non è un sogno!”. La musica esprime questo riconoscimento con una semplice cadenza, che ha il significato di un motto assoluto, inequivocabile. Ma per capire questo momento dobbiamo fare un passo indietro, all’inizio del finale del primo atto.

I tre fanciulli hanno introdotto Tamino in un boschetto sul cui fondo si ergono tre templi. Il giovane principe domanda se potrà ritrovare Pamina. Le risposte che ha ricevuto sono confortanti ma oscure, generiche. Fa per entrare, ma ogni volta viene respinto. Appare un vecchio sacerdote. In un drammatico dialogo apprende da lui che le cose non stanno come aveva creduto; o almeno che di esse si possono dare anche altre spiegazioni. Tamino vacilla. Non ha saputo dal sacerdote ciò che voleva, la sorte di Pamina. Il mistero, anziché sciogliersi, si è infittito. Il sacerdote si congeda da lui con un nuovo enigma: e il fatto che la musica riprenda per esso il tema dei fanciulli, sta a dimostrare che siamo di nuovo al punto di partenza.

Che in un Singspiel una scena come questa si svolga nella forma di un recitativo accompagnato è del tutto nuovo. Un senso di solennità e di attesa si comunica immediatamente al pubblico: quel recitativo accompagnato prelude a un momento risolutivo. Convenzionalmente, ad esso dovrebbe seguire un’aria. Ma a questo punto Mozart ha ormai deciso di abbandonare le convenzioni.

Rimasto solo, Tamino invoca la notte. “Quando sparirai, o eterna notte? Quando il mio occhio troverà la luce?”. Queste parole non sono solo quelle di un giovane principe innamorato, ma di Mozart stesso che, gravemente ammalato, le sente con un’intensità disperata. E qui accade il meraviglioso: alcune voci invisibili gli rispondono. “Presto, giovane, o mai!”. Chiede di nuovo di Pamina, se vive ancora. La risposta è finalmente risolutiva: “Pamina vive ancora!”. E mentre il coro pronuncia quel nome come una formula magica, l’orchestra ripete il motivo che già era stato dei fanciulli e del sacerdote del tempio.

Tutto è accaduto fulmineamente. Eppure è come se in questi brevi attimi la musica avesse colmato un tempo eterno, e lo avesse fermato per sempre. Tamino ha avuto la rivelazione di ciò che Faust inseguirà per tutta la vita: la bellezza e la pienezza dell’attimo fuggente. E quel che segue, l’incanto del suono del flauto, celebra in quell’atto la felicità. Il sogno diviene realtà: dopo essersi a lungo cercati, i due giovani si ritrovano. Mozart può adesso abbandonarli, e seguire il suo destino già segnato dalla morte.

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