Faust, un mito moderno

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L’avanzata della divisione Sony nei territori del disco è uno dei fenomeni più ragguardevoli di questi ultimi anni. Ampliata dalla riproduzione alla produzione “classical” per iniziativa dell’imperatore di tutti i mercati Herbert con Karajan, che pensava di farne l’estrema espressione tecnologica del suo dominio, la Sony si è trovata quasi subito orbata del suo faro, proprio nel momento di massima espansione del compact disc e dei suoi annessi, fino all’home video e al laser disc.

Dopo un inizio stentato, ha saputo rapidamente adattarsi alle circostanze, promuovendo una campagna acquisti in grande stile. Direttori, solisti, orchestre d’ogni grado e d’ogni età sono entrati presto nella sua scuderia, abbandonando, salvo rari casi, le esclusive anche importanti di cui disponevano e di cui, a dire il vero, si erano a lungo giovati. Sotto l’etichetta Sony sono sfilati, e sfilano tuttora, i più bei nomi dell’opera e del concerto, riuniti in concilio ecumenico: basti citare fra i direttori Abbado e Muti, Mehta e Maazel, Giulini e Boulez; perfino il più refrattario di tutti, Sergiu Celibidache, si è fatto convincere a lasciar testimonianza della sua arte per la casa discografica Sony.

La carta vincente sembra essere in primo luogo la registrazione dal vivo, che permette in tempi rapidi produzioni anche complesse, con gran spiegamento di masse. Non che le altre case discografiche non la pratichino; la Sony però lo fa sistematicamente, e con ottimi risultati tecnici sotto il profilo della definizione del suono.

Prendiamo per esempio l’ultimo frutto dell’ormai consolidata collaborazione con Claudio Abbado e i Berliner Philharmoniker, le Scene dal “Faust” di Goethe di Robert Schumann. Le ascoltammo dal vivo alla Philharmonie di Berlino nel giugno dell’anno scorso, e le ritroviamo intatte, per certi versi addirittura potenziate dal disco, in questa registrazione di quelle esecuzioni.

Si trattava fra l’altro della prima volta che Abbado si accostava al mondo composito di Schumann, autore a lui assai confacente. E sebbene non manchino altre buone incisioni discografiche di quest’opera, la versione di Abbado svetta su tutte per ampiezza di respiro drammatico, varietà e profondità di concertazione; svelando in tutta la sua modernità quello che rimane uno dei momenti stellari dell’incontro fra classicità e romanticismo in musica. Superbo il cast impiegato per l’occasione, e perfetto il rapporto fra direttore e orchestra, qui impegnata su livelli di eccellenza. In poche parole, un vertice interpretativo assoluto.

Se lo Schumann di Abbado e dei Berliner è una novità preziosa, la Quinta Sinfonia di Čajkovskij illumina un percorso interpretativo da lungo tempo avviato; dopo le incisioni con la London Symphony e con la Chicago Symphony, questa terza lettura di Abbado affida al disco una visione più equilibrata e matura, intensa e trasognata, della partitura. Il modo in cui i Berliner si allontanano dalle estenuazioni decadenti che erano state una loro caratteristica con Karajan mostra fino a che punto Abbado sia riuscito, in poco tempo, a trasformare il suono dell’orchestra per renderlo più duttile e incisivo, forse meno unico ma certamente più responsabilizzato e variegato, soprattutto negli sbalzi ritmici e nelle accensioni drammatiche.

Completano il disco i Canti e danze della morte di Musorgskij nella orchestrazione di Šostakovič, pagine che Abbado trasfigura con una sensibilità impressionante, ben coadiuvato dal basso Anatoly Kotcherga.

 

Schumann, Scene dal “Faust” di Goethe ; Terfel, Mattila, Rootering, Bonney, Blochwitz, dir Abbado, Berliner Philharmoniker, Tölzer Knabenchor, Schwedischer Rundfunkchor, Eric Ericson Kammerchor Sony SLK 66308 (2 cd);

Musorgskij, Canti e danze della morte, (orchestrazione di ˇSostakoviˇc); ˇCajkovskij, Sinfonia n. 5 in mi minore op.64, B Kotcherga, Berliner Philharmoniker, dir Abbado. Sony SK 66276 (1 cd).

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