Il magico Anello di Sawallisch

I

Wolfgang Sawallisch è oggi l’unico musicista al mondo che abbia diretto in teatro tutte e tredici le opere di Wagner. Successe a Monaco, nel 1983, in una sola stagione, quella del centenario della morte di Wagner. Ma sia prima che dopo Sawallisch ha coltivato il repertorio wagneriano con speciale assiduità, a Bayreuth come alla Scala, senza contare la davvero memoranda Tetralogia fatta alla Rai di Roma nel ’68. È quanto meno sorprendente che l’industria discografica per molto tempo abbia ignorato questa sua attività, preferendo gli altri direttori che non avevano né la sua esperienza né la sua grandezza: giacché il Wagner di Sawallisch è esemplare di una visione interpretativa che unisce la conoscenza profonda della tradizione alla forza individuale e all’equilibrio invidiabile di una grande personalità musicale.

Nel 1987, sempre a Monaco, Sawallisch affrontò di nuovo l’Anello del Nibelungo in una produzione molto discussa, non tanto per la parte musicale (nella quale figuravano alcune delle ultime grandi voci wagneriane, Behrens in testa) quanto per la realizzazione scenica, affidata a Nikolaus Lehnhoff per la regia e a Erich Wonder per le scene. La Emi ha ripreso dal vivo l’intera produzione per destinarla al mercato del video, in doppia veste vhs e laser: quanto mai opportuna sarebbe ora anche una pubblicazione in cd, proprio per valorizzare la somma, riassuntiva interpretazione di Sawallisch e non collegarla solo al ricordo di questa messinscena. La quale risulta comunque assai migliore nella visione sullo schermo che in teatro, dove soffriva di una eccessiva attenzione per i dettagli a scapito della tensione drammatica generale. Qui, anche per merito di una regia tv molto intelligente e curata, i difetti diventano pregi, quasi si realizzassero proprio attraverso il mezzo ravvicinato delle riprese. Soprattutto la recitazione acquista un senso compiuto che negli spazi ampi del palcoscenico s’intuiva soltanto; e le stesse scene di Wonder, calligrafiche e poco teatrali, diventano funzionali alle intenzioni del regista.

Se l’interpretazione di Sawallisch si mantiene sempre su livelli altissimi, indicheremmo nel prologo e nella terza giornata i momenti più convincenti del lavoro di Lehnhoff. Il quale parte dall’idea di rappresentare la Tetralogia come una progressiva trasformazione di tempi e spazi mitici in situazioni e atteggiamenti dell’attualità, dove dei ed eroi si corrompono per incapacità di vivere fino in fondo le utopie, in ciò trovando però la loro dimensione umana, oggettivamente degradata. A differenza di Chéreau e Ronconi, Lehnhoff non sottolinea l’aspetto politico e sociale ma quello puramente esistenziale, con un pessimismo tanto sincero quanto ingenuo. La caduta è ineluttabile non per volere del destino, ma per la sciagurata inadeguatezza dell’umanità a sostenere il peso degli ideali: e qui sta il senso ecologico della parabola. Ne risulta che Sigfrido sia un incosciente, e Brunilde non redima un bel niente. Inutile dire che Sawallisch la pensa diversamente, e ce lo fa pure capire.

Segnaliamo, sempre dalla Emi, la pubblicazione di un Olandese volante ripreso ancora a Monaco, ultima testimonianza dell’era Sawallisch. Qui siamo all’estremo opposto: regia convenzionale e oleografica, movimenti goffi e melodrammatici, nessun approfondimento psicologico o drammaturgico. Ci si annoia vedendolo a teatro, ci si annoia ancor più a casa propria. Ma musicalmente è l’Olandese più infuocato, più appassionato e nostalgico che si possa ascoltare.

 

Wagner, Der Ring des Nibelungen; Behrens, Kollo, Varady, Hale, Moll, Lipovsek, Wlaschiha, Bayerische Staatsoper, dir Sawallisch, r Lehnhoff, rtv Schmidt, Emi 1276-87 (11 laser disc); Der fliegende Holländer; Hale, Varady, Seiffert, Ryhänen, Bayerische Staatsoper, dir Sawallisch, r Gierke, rtv Schmidt, Emi 91311-1 (2 ld).

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