Ma Donn’Anna, cosa ha voluto?

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“Non sperar, se non m’uccidi, ch’io ti lasci fuggir mai”. Con parole fatali, nient’affatto melodrammatiche, Donna Anna si dichiara pronta a morire piuttosto che venir abbandonata da colui che l’ha sedotta in una notte di tempesta. Sedotta o amata, lei consenziente? È Don Giovanni a credere di non essere stato riconosciuto da colei con cui ha fatto l’amore, in modo verosimilmente appassionato e tumultuoso, tanto da esserne egli stesso sconvolto fino al punto da ammazzare un vecchio inerme, indifeso. Ma Donna Anna non è Elvira, che nella sua passione cieca si lascia portare a spasso, per «un’oretta circumcirca», da Leporello travestito da Don. Anna è una donna lucida, equilibrata, consapevole dei suoi atti e delle sue intenzioni; ma ha un punto debole: la sua repressa, fortissima sensualità, che Don Giovanni ha infine rivelato in un devastante rapporto sessuale.

Ciò che l’indigna, o più semplicemente la colma di disperazione, di orgoglio ferito, è proprio la fuga di Don Giovanni: la consapevolezza, e insieme l’incredulità, che il loro incontro sia stato per lui solo l’ennesima avventura, e che niente potrà fermare quell’attimo fuggente. Forse avrà atteso da tempo che quell’incontro inevitabile avvenisse; caricandolo di una tensione sovrumana, nella quale sensualità e attrazione fisica, fascino e seduzione s’intrecciano con motivi della più alta spiritualità, del più sublimato desiderio d’amore.

Così, Donna Anna resta sospesa fra il ricordo del momento che ha segnato per sempre la sua vita, nel quale il suo desiderio si è realizzato, e il dubbio atroce che quel momento non abbia futuro, sia di consistenza effimera. Non smaschera il “seduttore” che le ha ucciso il padre, rifugiandosi nello svenimento. E solo quando comprende la vera natura di Don Giovanni si risolve a narrare, a se stessa più che a Don Ottavio, lo «strano avvenimento». Mozart non avrebbe mai innalzato il suo recitativo accompagnato e la sua aria del primo atto a tali livelli di angoscia e di liberazione, ad ogni passo contraddicendo con la forza inaudita della musica, dove a parlare è l’inconscio, la realtà fittizia del racconto, se non avesse compreso la tremenda portata del suo dramma. Poi, per Anna sarà il crollo, fisico e psichico: un vagare inconsistente nei labirinti della vita, una rinuncia sempre più completa al desiderio di vivere. Pensieri di noia e di inutilità che la consegnano al rango del suo personaggio tragico, fremente di umanità e di illusione.

Non importa che tutto questo sia realmente avvenuto, o che il libretto non ce ne dia la certezza. Poiché è questo che Donn’Anna ha voluto. Qualcosa che Leporello non potrà mai registrare nel suo catalogo.

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