Attualità discografica

A

WAGNER

Bayreuth 1936

(Brani da Lohen grin, Die Walkure, Siegfried)

Cantanti vari, Orchestra e coro del Festspielhaus di Bayreuth, direttore Hans Tietjen (registrazioni dal vivo: Bayreuth, agosto 1936)

Teldec “”Historic”” 9031-76442-2

 

Come si cantava a Bayreuth nel 1936? Bene, grazie. E sfido. Si era ancora in regime di protezione,

e Bayreuth era per i cantanti wagneriani il punto di arrivo , anzi il punto e basta. Che cosa è cambiato nel frattempo? Molte cose, naturalmente; o semplicemente una: che Bayreuth non e più un punto di arrivo, ma una tappa fra tante, spesso un punto di sospensione… Non è che manchino i cantanti (ma un po’ anche sì, forse, da un certo punto di vista); quel che manca, da quando la specie non è più protetta, è il tipo del cantante da Bayreuth: depositario di uno stile e di una tradizione, garanzia di continuità nelle metamorfosi dell’interpretazione, qualcosa che faceva sembrare unico anche ciò che in realtà non era affatto esclusivo.

Prendete il caso di questo documento. Chiamato a reggere le sorti del Festival in un periodo di trapasso, Hans Tietjen, sovrintendente generale dei Teatri di Stato Prussiani, vi portò con se tutti i migliori cantanti dell’Opera di Berlino. Alcuni debuttavano a Bayreuth, ma era come se vi avessero cantato sempre: giunti a Bayreuth, diventavano automaticamente cantanti da Bayreuth. Nel 1936 Tietjen, regista non meno che direttore, allestì il Lohengrin, che sulla “”verde collina”” non si dava più dal 1909: nel cast figuravano Maria Muller (Elsa), Margarete Klose (Ortrud), Franz Volker (Lohengrin), Jaro Prohaska (Telramund) e Josef von Manowarda (re Heinrich). I brani da questa ripresa sono i pezzi forte del disco. Impressionanti per due motivi. Il primo è il peso specifico delle voci: spessore, volume, intensità. Il secondo riguarda lo stile: monolitico, ieratico, rituale. E in quest’ambito, ma solo in questo, epico e non lirico, ricco di tensioni e di sfumature, di gradazioni e di accenti. Un solo tempo, ma così ampio da lasciare senza fiato: anche le sottigliezze sembrano tagliate con l’accetta, segnali inequivocabili di una concezione in bianco e nero.

A Bayreuth, nel 1936, i cantanti erano ancora i protagonisti assoluti della scena. Ci par di vedere i gesti, mentre cantano: anche quelli senza mezze misure, pochi ma significativi. Tutto il resto viene dopo: l’orchestra invisibile che procede a ondate, contrastando per mettere in rilievo i punti decisivi in cui l’acuto diviene epifania di una rivelazione. E sono momenti bellissimi, perchè raggiunti con la proprietà dell’immodificabile. Si tendeva a questi vertici, e si era abituati a sentirli non come una conquista ma come la base di nuovi vertici: su, su, all’infinito. Di lì cominciava Wagner, senza confini sulla terra. Niente di umano perfino nel modo in cui Franz Volker e Maria Muller cantarono allora il duetto del riconoscimento di Siegmund e Sieglinde nel primo atto della Walkure; e sinistramente eroica, da brividi, la scena in cui Siegfried forgiò la spada il 20 agosto 1936, tale da farci davvero pensare per un attimo alla follia della superbia smisurata di quel “”Notung, Notung! Neidtiches Schwert!”” intonato da Max Lorenz: e che differenza tra la sua voce che reclama un impero e quella grifagna, petulante di Erich Zimmermann, Mime, ridicolo homunculus.

Oggi che abbiamo riportato Wagner sulla terra, spostando la nostra attenzione dai cantanti ai direttori d’orchestra e ai regimi, a cui chiediamo un Wagner piu articolato, variegato e complesso, la vecchia Bayreuth a una tentazione irresistibile cui a difficile sottrarsi nel volo della fantasia, pur sapendo che quel tempo non ritornerà Mitico, ormai, anch’esso.


Musica Viva, n. 9 – anno XVII

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