Hugo Wolf – dai Mörike-Lieder: n. 24; n. 39; n. 31; n. 7; n. 12; n. 46

H

Hugo Wolf

 

dai Mörike-Lieder

 

In der Frühe (All’alba) n. 24

Denk’es o Seele (Pensaci, oh anima!) n. 39

Wo find ich Trost? (Dove troverò consolazione?) n. 31

Das verlassene Mägdlein (La fanciulla abbandonata) n. 7

Verborgenheit (Appartato dal mondo) n. 12

Gesang Weyla’s (Canto di Weyla) n. 46

Pietre miliari del Lied romantico

 

Infine Hugo Wolf (1860-1903). La vita creativa di Wolf è una delle più brevi e singolari che l’intera storia della musica ricordi. Raggiunta la padronanza della tecnica compositiva soltanto a 28 anni, nei successivi nove anni nei quali poté esercitare le sue facoltà musicali prima di precipitare nel baratro della follia e finire in manicomio, Wolf produsse una grande quantità di Lieder, con ritmo irregolare ma costante, alla media di uno, due e perfino tre al giorno. Il suo nome e la sua fama poggiano saldamente sulle composizioni nate in questo breve periodo di tempo nel campo fertile del Lied; tuttavia la popolarità di Wolf è limitata dalla poca frequenza con la quale le sue opere vengono eseguite. Wolf possedeva per questo genere di musica una viva sensibilità letteraria, il senso meticoloso della declamazione e la capacità di sfruttare originalmente le risorse tecniche del pianoforte; la sua intelligenza critica era notevole e, insieme con un temperamento vivace, gli consentiva di toccare gli estremi limiti dell’espressione lirica, dalla gioia alla disperazione, dalla tenerezza all’asprezza, senza mai perdere di vista, nonostante il suo pessimismo di fondo, il fine della comunicazione. Questa varietà di doti e tratti personali gli permisero di dare voce nei Lieder a una gamma parimenti vasta di sentimenti, stati d’animo ed emozioni, e gli conferirono una padronanza assoluta della forma sia lirica sia drammatica.

Wolf non presenta l’immediatezza di Schubert né lo stile inconfondibile di Brahms. I suoi Lieder sono più mediati, più elaborati concettualmente, più astratti, più enigmatici. In generale rappresentano l’equivalente musicale dello stato d’animo dominante di una lirica (o di più stati d’animo se i sentimenti cambiano) e non hanno finalità descrittive, ma per così dire interpretative: donde l’importanza dell’accompagnamento pianistico contrappuntato dalla voce. Anche le singole parole o frasi sono messe in rilievo con costrutti musicali per ottenere un effetto particolare. La struttura della composizione perciò non illustra, ma riflette come in uno specchio – talvolta deformante – quella della poesia. Sulla base di tale corrispondenza generale, subentra dunque una sottile elaborazione del materiale tematico per quanto riguarda la melodia, il ritmo e l’armonia, per

ricreare tutti i particolari più preziosi del testo.

Wolf non può essere certamente considerato uno dei più popolari creatori di melodie. Ciò non toglie che fosse in grado di comporre chiari motivi cantabili quando il testo lo consentiva. La sua particolarità spicca nella composizione di brevi linee melodiche, non soltanto pregevoli di per sé, ma che sostengono e valorizzano il significato e il potere emotivo delle parole. La sua melodia, tanto nella parte vocale quanto nei disegni pianistici, che sovente si estendono e si sviluppano quasi indipendentemente durante l’intera composizione, non può essere separata dal contesto ritmico e armonico. Il ritmo, specialmente, assume una posizione centrale e fondamentale, costituendo un fattore comune alla musica e alla poesia. È proprio la costante sensibilità ritmica, talvolta impiegata come una vera e propria “”simbologia””, a rendere possibili le inflessioni più delicate e più screziate, appoggiando la flessuosa linea vocale, libera di fare digressioni senza sembrare troppo elaborata o impedire lo sviluppo della composizione. Da questo aspetto si produce lo stilema fondamentale della tecnica compositiva wolfiana, ovvero la “”declamazione””, formata per dare vita alle parole. Perfino nei Lieder strofici la melodia non segue necessariamente modelli prestabiliti di ripetizione, ma si sviluppa in modo da accordarsi con uno stato d’animo mutevole o con una nuova immagine poetica. In quanto all’armonia, Wolf aveva una percezione uditiva straordinariamente acuta. Se le risorse armoniche vengono impiegate per accordarsi con lo stato d’animo della poesia, non manca una profonda e originale rispondenza intuitiva nei cambiamenti di tonalità, nei passaggi modulanti, nelle fluttuazioni da un periodo armonico all’altro, nella stessa costituzione e combinazione degli accordi. Ogni tipo rimanda a un aspetto parti-colare del procedimento generale: una appropriata replica in termini armonici alla tensione e alla distensione emotiva del linguaggio poetico-musicale.

All’inizio del 1888, reduce da una grave depressione, Wolf si recò con un volume del suo poeta prediletto, lo svevo Eduard Mörike (1804-1875), nella casa di campagna lasciata vuota da un amico a Perchtoldsdorf, nelle vicinanze di Vienna, e incominciò a comporre Lieder su quelle poesie. Fu come aprir€ una cataratta. Nulla lo aveva preparato alla forza vulcanica di quell’impeto creativo. Provava un senso di pena e di esaltazione senza confini. Scriveva incessantemente e, mentre scriveva, piangeva di gioia e di disperazione. Le lettere agli amici testimoniano il suo turbamento. A Edmund Lang, 22 febbraio 1888: “”Ho appena finito di comporre un nuovo Lied. Un Lied divino, Le assicuro! Semplicemente stupendo! Dio mio, sono prossimo alla fine dato che la mia intelligenza cresce di giorno in giorno. Fin dove devo arrivare ancora? Pensarci mi fa venire i brividi. Sono talmente eccitato che il viso mi brucia come ferro fuso e questo stato di ispirazione è per me un supplizio esaltante, non una pura gioia. […] Che cosa mi tiene ancora in serbo il futuro? Questa domanda mi tormenta e mi perseguita nella veglia e nei sogni. Forse ho una vocazione? O sono addirittura un eletto? Dio non voglia! Sarebbe un bel guaio””. Al cognato Josef Strasser, 23 marzo 1888: “”Lavoro con la forza di mille cavalli dalla mattina alla sera, ininterrottamente. I Lieder che scrivo ora, caro amico, sono destinati ai posteri. Sono capolavori””. Alla metà del maggio 1888, allorché 43 testi di Mörike erano già stati musicati in appena tre mesi, l’ispirazione si affievolì temporaneamente, per riprendere nel settembre di quell’anno, quando compose altre poesie di Mörike (una decina) e cominciò a rivolgersi, con lo stesso entusiasmo, a Eichendorff e a Goethe.

Sono dunque 53 in tutto i Lieder su Gedichte di Eduard Mörike, e tutti del 1888. Noi ne ascoltiamo sei, e dei più belli. Additiamo gli apici in Denk’es, o Seele, sorta di poema sinfonico per voce e pianoforte permeato di senso tragico, Das verlassene Mägdlein, una delle ispirazioni più interiorizzate di Wolf, con quello scambio di una terza maggiore e minore che produce una acuta sensazione di isolamento, e Verborgenheit, che esprime la sua fervente rassegnazione nel modo maggiore. Qui i concetti di consonanza e dissonanza semplicemente non esistono o almeno non sono interpretabili nella forma consueta.

Per quanto ogni Lied crei e sostenga musicalmente il suo stato d’animo e il suo mondo, si può parlare a ragione di una cifra-Mörike che pervade da cima a fondo la raccolta della Mörikeana, come Wolf la voleva da principio intitolare. Una idea forte o una immagine poetica dominante viene tradotta musicalmente con logica ferrea, mentre un testo più diffuso dal punto di vista sia narrativo sia concettuale dà origine a una composizione dallo schema formale più flessibile e sviluppato: in entrambi i casi si rivela l’impronta personale. Ciò che emerge in primo piano sono l’armoniosa fusione di semplicità e raffinatezza sentimentale, esattamente corrispondente a quella della poesia, la favolosa facoltà inventiva del musicista che sostiene l’ispirazione originaria del poeta con un discorso musicale di altissima qualità e sempre aderente al testo (si raccomanda caldamente di seguire attentamente tutti gli snodi della poesia). Così le poesie di Mörike trovano la traduzione musicale più calzante dei loro stati d’animo romantici o del loro semplice carattere popolare.

Myung-Whun Chung, Roberto Gabbiani /Waltraud Meier,Nicholas Carthy, Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Accademia Nazionale di Santa Cecilia – Stagione di musica da camera 2003-2004

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