“”Vogliono uccidere l’orchestra Rai””

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Il direttore Sablich accusa: siamo boicottati dall’interno, è una manovra contro Siciliano


TORINO – La Rai vuole chiudere la sua Orchestra Sinfonica Nazionale. Farla scomparire per progressivo soffocamento da trascuratezza. Questa è l’accusa che viene dagli stessi orchestrali. A monte, un atto amministrativo mai completato: l’ordine di costituzione dell’orchestra (del 1994) non è stato convertito nel relativo ordine di servizio, nonostante le insistenze dell’allora presidente Letizia Moratti. Mancava, cioè manca tuttora, la firma del direttore generale. In teoria dunque l’orchestra non è istituita: niente di più facile che lasciarla morire d’inedia.

Il successo di questo complesso, che nel giro di un paio d’anni s’è messo in concorrenza artistica con l’orchestra di Santa Cecilia e la Filarmonica della Scala, sembra infastidire perfino l’azienda che quasi non la considera nei palinsesti televisivi, nonostante l’alta qualità esecutiva ottenuta nei concerti al Lingotto. L’inizio della “”Tetralogia di Wagner firmata dal direttore stabile Eliahu Inbal, con cui s’è inaugurato alla presenza entusiasta di Enzo Siciliano l’attuale programma, aveva tutti i crismi del grande avvenimento. La stagione di primavera proporrà, tra l’altro, l’avvio dell’integrale mahleriana diretta in cinque stagioni da Giuseppe Sinopoli (la prima con un’orchestra italiana: un gesto di fiducia e solidarietà) e tutte le Sinfonie di Beethoven dirette da Inbal.

Tutto ciò pare non interessare. Non è il solito grido d’allarme: dati alla mano, una constatazione. Certificata, anzi aggravata, da una paradossale coincidenza. Finché l’azienda era affidata a un consiglio di amministrazione tecnico e politico, le strategie imprenditoriali non ostacolavano la fisiologica crescita dell’unica orchestra sopravvissuta, oggi che la presidenza è di Siciliano, uomo di cultura e dal primo momento schierato a favore del suo rilancio («vogliamo che rinasca anche il coro», aveva azzardato all’indomani della nomina), il boicottaggio nei confronti dell’Orchestra appare come un atto di guerriglia interna contro il presidente. «Non ci sono dubbi», sostiene con forza Sergio Sablich direttore artistico dell’Orchestra, «da quando Siciliano è uscito allo scoperto con lusinghieri complimenti e ha pubblicamente promesso di appoggiare le nostre richieste l’effetto è stato negativo. Contro l’orchestra, il suo funzionamento, le esigenze di maggiore autonomia e flessibilità, si sono coalizzate tutte quelle forze Rai che disprezzano la cultura e considerano la musica “”colta””, l’orchestra in particolare, un’inutile seccatura. I metodi li conosciamo: incuria, indifferenza, cinismo. Gli stessi che hanno portato alla chiusura dei complessi di Napoli, Roma e Milano».

Vogliamo fare qualche esempio?

«Si impedisce aun’orchestra già nata in condizioni difficili di lavorare. La si costringe alla precarietà per poi addossare ai musicisti le colpe di scarsa competitività. Era stata assicurata la copertura dei posti vacanti in organico, siamo invece obbligati a ricorre a elementi “”aggiunti”” e sempre diversi, i contratti con i solisti vengono stipulati all’ultimo momento (le compagnie vocali della “”Tetralogia””, ad esempio, sono impegnate sulla fiducia) e dopo mortificanti trattative con gli uffici addetti. Formalmente nessuno mette in discussione i progetti artistici, di fatto se ne vieta la realizzazione. Soltanto in questo mese sette elementi stabili dell’orchestra se ne vanno, incentivati dall’azienda: come dar loro torto, ma come li rimpiazzeremo?».

Non ci sono stati concorsi recentemente?

«Sì, ma non sempre basta: l’azienda non mantiene le promesse. La prima tromba e il secondo fagotto, vincitori di concorsi effettuati un anno e mezzo fa, con documentazioni complete e regolari, visite mediche espletate eccetera, non sono ancora assunti. Al danno artistico, la beffa e l’umiliazione paradossale di dover spiegare ogni volta all’ufficio contratti che in realtà la copertura dei posti a concorso è soltanto formale: la firma del direttore generale manca sempre. Perché, se non per indebolirci?».

Lei parla della direzione come un pianeta lontano e ostile.

«Lo è. Nonostante gli inviti rivolti, né io né i dirigenti torinesi abbiamo mai ottenuto udienza da Franco Iseppi. Quanto a Vecchione, direttore della radiofonia da cui dipendiamo, gli ho inviato tre relazioni. Nemmeno un cenno di ricevuta. Perché, se non per umiliarci?».

Quali segnali vi aspettate?

«Si abbia coraggio, almeno. La Rai dica, una volta per tutte, che spazi ha l’orchestra. Se interessa oppure no. Altrimenti la chiuda».

da “La Repubblica”

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